Il 15 gennaio la Prof.ssa Michela Schenetti è stata convocata alla Camera dei deputati dalla VII Commissione Cultura Scienza e Istruzione per un’audizione come esperta sul tema dell’innovazione didattica.

Nel suo intervento dal titolo ‘Il primato dello spazio fuori dalla scuola nell’innovazione didattica e nello sviluppo professionale dell’adulto’ ha messo in evidenza le ragioni per cui aprire le porte dei servizi scolastici agli spazi fuori dalla scuola può essere significativo e innovativo per il sistema scolastico italiano.

Ha sottolineato come all’interno dello scenario sullo Sviluppo Sostenibile a cui siamo chiamati ad intervenire entro il 2030 non sia più sufficiente semplicemente educare sull’ambiente, fornendo informazioni e conoscenze, anche con le più sofisticate metodologie digitali ma occorra educare Nell’ambiente, permettere alle nuove generazioni di instaurare un vissuto profondo con il luogo che chiediamo loro di rispettare, proteggere e tutelare. ‘Per sviluppare un senso di appartenenza al mondo e quell’identità ecologica così essenziale per promuovere comportamenti consapevoli è necessario una relazione continuativa con i luoghi naturali, reali, complessi. Con il mondo.  Considerando che i bambini passano la maggior parte del loro tempo a scuola, è essenziale che la scuola lo permetta e trovi nell’abitare con flessibilità nuovi spazi all’aperto e nella relazione con il territorio un’importante opportunità di rinnovamento’.

La didattica all’aperto, ha aggiunto ‘permette alla scuola di mettersi in relazione con i bisogni evolutivi dei bambini e dei ragazzi di oggi. Di prendere consapevolezza delle pressioni che stanno vivendo gli insegnanti sia per la difficoltà della gestione di classi disomogenee e con differenti culture, sia per le richieste che provengono dalla governance scolastica e dalla continua richiesta di valutare performance che rischiano di portarli lontano dalla capacità di vedere e accogliere gli alunni’. Presentando gli ultimi dati dell’OMS e della ricerca nazionale e internazionale ha consegnato l’immagine di un’infanzia e adolescenza sempre più fragile, con problemi di sovrappeso e obesità, sola, soggetta ad un aumento di vulnerabilità dell’umore, con poche opportunità di stare all’aperto e a contatto con altri. D’altro canto l’indagine OCSE PISA del 2018 sottolinea come l’attuale sistema scolastico in cui prevale il modello tradizionale non sia in grado di raggiungere i risultati sperati. L’invito è stato quello di rimettere al centro il benessere dell’infanzia e dell’adolescenza di qualsiasi politica educativa volta a promuovere apprendimento.

‘Agire sugli spazi del fare scuola – ha proseguito la Prof.ssa Schenetti – non è neutrale in quanto ha un potenziale effetto a catena: implica una modifica dei tempi necessari per il loro utilizzo, un ripensamento dei contenuti e delle metodologie e richiede, soprattutto una modifica della postura degli insegnanti, che abitando spazi diversi da quelli abituali per fare scuola si rimettono in gioco. Si sintonizzano di più sulla relazione con i propri studenti che con il proprio sapere da parcellizzare, semplificare e trasmettere.’

Ha parlato dell’esperienza della Rete Nazionale delle Scuole Pubbliche all’Aperto sottolineandone la sintonia con le Raccomandazioni Europee e con le Indicazioni Nazionali Ministeriali del 2012 e i Nuovi scenari del 2018, documenti di grande portata ma che avrebbero bisogno di trovare più spazio nella cultura degli insegnanti e nelle pratiche scolastiche. A questo proposito ha sensibilizzato i Deputati sulla necessità di investire sulla formazione iniziale e in servizio dei docenti, suggerendo la Ricerca-Formazione come strumento per promuovere la connessione tra Università e Scuola e sostenere processi rigorosi orientati alla realizzazione di pratiche innovative e al sostegno delle professionalità educative che non possono essere lasciate sole.

‘Nella scuola in generale e nelle scuole all’aperto in particolare occorrono insegnanti competenti, che conoscono come apprendono i bambini, in grado di usare strumenti, linguaggi e metodologie plurali e diversificati, che sappiano progettare con flessibilità e senso, che sappiano mettere al centro la relazione, vedere il bambino tutto intero. Insegnanti emotivamente competenti.’

E lasciamo che siano le sue parole a concludere

‘Per tutte queste ragioni credo che per parlare di Innovazione didattica nella scuola sia necessario problematizzare l’idea che innovativo abbia a che fare necessariamente con il nuovo, il veloce, il digitale. E richiede uno sforzo trasformativo che non abbia la caratteristica dell’occasionalità, non basta un’uscita o l’allestimento di un laboratorio per intenderci. Ma un impegno quotidiano che possa portare ad un cambiamento complessivo e duraturo. Richiedo un forte impegno politico e istituzionale oltre che dei singoli cittadini, in quanto più aumenta l’uso delle tecnologie nelle nostre vite, quanto più è necessario sostenere le scuole nell’aumentare il tempo fuori dall’aula in ambienti di apprendimento complessi, ricchi, in grado di aumentare i repertori di conoscenze dei bambini di educare alla bellezza, all’avventura e al rischio. Contesti che hanno a che fare con la vita. Contesti reali, tridimensionali, provocatori, sfidanti. Questo lo sappiamo bene è essenziale sia in termini di processi cognitivi, emotivi e relazionali. E’ essenziale per il futuro dei nostri bambini.

Nel 2015 il Ministero ha adottato con successo il Piano Nazionale per la Scuola Digitale, stanziando nel 2018 un’importante somma per la creazione di ambienti digitali innovativi. Credo e spero che il 2020 possa essere l’anno ideale per lanciare il Piano Nazionale per la Scuola Naturale cioè più attinente alla naturale evoluzione dei bambini, per dirla con le parole di Rousseau.’