Reportage dall’IOERC8 – Ottavo Convegno sulla Ricerca Internazionale in Outdoor Education

(a cura di Alessandro Bortolotti)

 

Dal 19 al 23 Novembre 2018 ho partecipato all’ottava edizione dell’International Outdoor Education Research Conference (IOERC8), convegno tenutosi a Brisbane (Queensland, Australia Orientale) presso l’Università della Sunshine Coast (USC).

È per me un grande onore potermi mischiare ai circa 140 partecipanti che presentano i propri lavori di ricerca empirica e/o teorica. Per evidenti ragioni logistiche, appare poco sorprendente che i paesi più rappresentati siano Australia e Nuova Zelanda, seguiti poi da delegazioni piuttosto numerose di Canadesi e Nordeuropei – tra queste ultime da segnalare soprattutto quelle di Regno Unito e Scandinavia.

Si tratta infatti di una community radicata nell’area del Commonwelth, pertanto con origini culturali profondamente WASP (composta da soggetti Bianchi, Anglo-Sassoni e Protestanti).

Grandi assenti gli USA e i paesi del Sud del Mondo, tuttavia per motivi opposti: mentre i primi vantano delle ottime competenze nell’ambito ma tendono a snobbare gli incontri di questo tipo, ai secondi manca invece una specifica tradizione pedagogica, tant’è vero che la mia presenza può essere interpretata come più unica che rara (la classica eccezione che conferma la regola).

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Per quanto riguarda i contenuti del Convegno trovo di notevole interesse l’approccio che gli organizzatori stessi definiscono “orizzontale”, ovvero orientato alla condivisione delle conoscenze mediante tanti piccoli/grandi accorgimenti tecnici e contenutistici magistralmente pianificati e coordinati dai prof. Glyn Thomas e Brandon Munge dell’USC.

In sostanza si evitano con cura i classici interventi da parte degli esperti, al fine di favorire la condivisione delle conoscenze attraverso sessioni tematiche che consentono sia la suddivisione equa dell’audience, sia di dare un tempo perlomeno sufficiente per il confronto dopo ogni presentazione. In questo senso vengono molto apprezzate anche le tavole rotonde, dove un panel di partecipanti con riconosciute competenze specifiche lanciano alcuni spunti finalizzati a stimolare il dibattito su tematiche forti e/o d’avanguardia.

A sorpresa (soprattutto anche mia), per riempire un vuoto causato da una defezione dell’ultim’ora sono invitato a far parte del panel dedicato alla Social Justice, nel quale presento a grandi linee il nostro modello d’inclusione scolastica aperto a tutti, studenti disabili compresi, molto diverso da quello del contesto anglosassone ancora basato sulle Scuole Speciali.

Ciò che mi ha maggiormente colpito, tra i tanti aspetti e temi toccati in quattro giorni intensivi, colmi d’incontri sia formali che informali, sono i punti qui riportati in un (dis)ordine del tutto personale:

  • la ricerca di una coerenza quasi ossessiva tra teoria e pratica, tale per cui ad un certo punto il confine tra le due facce diventa così labile da perdersi: credo che la già citata organizzazione orizzontale del convegno ne sia un esempio fantastico; ma voglio pure riportare il caso di una ricerca empirica svolta colloquiando con le persone sul valore dei luoghi attraverso un dialogo svolto attraversando a piedi i posti stessi su/di cui si parla (modalità “walk and talk”), una metodologia che trovo particolarmente raffinata e anch’essa sostanzialmente orizzontale da molti punti di vista;
  • l’attenzione ai temi della sostenibilità nei confronti non solo della terra ma anche delle popolazioni che la abitano, in particolare i nativi dei luoghi colonizzati: non a caso il saluto iniziale del Convegno è stato portato da un locale aborigeno Gabi-Gabi, il quale ha narrato alcuni tratti della propria cultura quali ad esempio considerare determinati alberi come membri di famiglia, o sull’esistenza di circa 20 stagioni annuali, ognuna segnata dal comportamento di animali la maggior parte dei quali appare peraltro ai nostri occhi davvero “strana” – basti pensare a canguro, wallaby, koala, ornitorinco, una moltitudine di uccelli dall’incredibile canto esotico e così via;
  • il tentativo di rinnovare criticamente posizioni che troppo spesso rischiano di essere date per scontate, mentre è fuori discussione che la “realtà” sia in continuo divenire; pensando in particolare alle giovani generazioni, ormai non si riesce più a separare nettamente attività outdoor e uso della tecnologia digitale, principalmente a causa della pervasività dello Smartphone che ha profondamente modificato ogni relazione contestuale. Queste ultime vanno dunque ridefinite del tutto, a partire dai livelli percettivo e delle rappresentazioni, perché in definitiva le nostre vite si svolgono in ambienti che sono sempre meno caratterizzate da aspetti naturali. Appare comunque fuori discussione come i contesti di vita, in ogni periodo e latitudine, risultino profondamente contrassegnati dalla cultura umana. Per quanto riguarda il postmoderno (noi…), è interessante notare la tendenza a mischiare (e quindi confondere) il piano della realtà con quello della rappresentazione, la realtà concreta con la sua immagine (pensiamo ai cosiddetti “Social”) per cui si apre tutto un mondo caratterizzato da ciò che Baudrillard definirebbe iperreale, se non addirittura simulacro, tutti aspetti di cui un operatore di Outdoor Education non può non tenere conto nelle sue considerazioni e dunque pianificazioni pedagogiche.

Concludo citando il progetto da me presentato: il GOaL (acronimo di Go Out and Learn), al quale partecipo con la scuola primaria Tiziano Terzani di Marano dell’Istituto Comprensivo di Gaggio Montano, in particolare il Dirigente Carmelo Adagio, la Vice Dirigente Cinzia Petrucciani e la Maestra referente Alessandra Maldina.

Svolgo la relazione insieme a Rowena Passy dell’Università di Plymouth, nel Devon, regione dell’Inghilterra che partecipa attivamente al lavoro portato avanti da un consorzio formato da Belgio, Norvegia, Inghilterra e Italia, orientato a definire linee guida atte a sviluppare l’Outdoor Learning nelle scuole primarie europee.

Ci stiamo focalizzando sui seguenti punti: programma curricolare (Belgio), valutazione delle conoscenze (Inghilterra), sostenibilità (Norvegia), inclusione (Italia).

La restituzione finale dei lavori sarà svolta presso l’Università di Bologna nel Giugno 2020, dunque per maggiori informazioni vi aspettiamo lì!